L’AMIANTO UCCIDE ANCHE I FINANZIERI, COSA PUO' FARE LA GDF PER PROTEGGERE NEL MODO MIGLIORE I SUOI MILITARI – di Giuseppe Fortuna
L’AMIANTO UCCIDE ANCHE I FINANZIERI, COSA PUO' FARE LA GDF PER PROTEGGERE NEL MODO MIGLIORE I SUOI MILITARI – di Giuseppe Fortuna
«Sono entusiasta per questa sentenza, ma mi arrabbio pensando a quante tragedie sul lavoro, con o senza l'amianto di mezzo, sono state dimenticate dalla giustizia». Questo il commento del procuratore aggiunto della Repubblica di Torino, Raffaele Guariniello, riportato dalla stampa alla sentenza d'appello del processo Eternit emessa due giorni fa dalla Corte di Appello del capoluogo piemontese. E il magistrato continua: «a Torino e in altre città si fanno i processi sulla salute di lavoratori e cittadini mentre altrove non si sa nemmeno cosa sono questi processi. Non c'è¨ la cultura e non c'è¨ la specializzazione dei magistrati».
Prendendo spunto dalle parole del dott. Guariniello, la cultura del contrasto ai danni devastanti dell’amianto sembra carente non solo nell’ambito della magistratura, ma anche nelle forze armate e di polizia. Il 9 luglio del 2012, ad esempio, l’allora ministro della difesa Di Paola nella risposta scritta a un’interrogazione parlamentare presentata dall’onorevole Maurizio Turco proprio in materia di amianto (la n. 4/13579, seduta di annuncio n. 534 del 13/11/2011) scrisse: “il Ministero dell’Economia e delle Finanze ha comunicato di non avere elementi informativi in merito alla specifica materia”. Ebbene, secondo l’Osservatorio Nazionale sull’Amianto (ONA), di cui fa parte anche il Comitato nazionale “Esposti e vittime amianto dei militari appartenenti alla Guardia di Finanza ONA onlus”, in diverse caserme ci sarebbe ancora oggi presenza di amianto, specie nei tetti dei capannoni, nei sistemi frenanti di aerei Piaggio impiegati dal Corpo, dall’Aeronautica e dalla Marina militare ed in alcune unità navali delle Fiamme Gialle.
In verità , per le infrastrutture il Comando generale del Corpo ha dato disposizione ai reparti dipendenti di fare una attenta disamina delle emergenze segnalate e un censimento degli impianti e manufatti contenenti amianto valutando il rischio di esposizione e disponendo di dare avvio ai lavori di risanamento e di bonifica. Ma sotto il profilo della cultura e dell’informazione al personale, a nostro avviso, si deve fare decisamente di più. Ci è stato segnalato, ad esempio, che se si inseriscono su YouTube le parole “Guardia di finanza sequestro discariche abusive amianto” appaiono alcuni video di finanzieri che, pur essendo impegnati in attività di sequestro di aree contaminate da materiale cancerogeno, non adottano alcuna precauzione. Ma ci sembra ci sia carenza di informazioni e necessità di sensibilizzazione al pericolo anche per i finanzieri a contatto con gli aeromobili Piaggio P166DL3, nei cui sistemi frenanti è stata segnalata la presenza di amianto nel 2004 con una prescrizione tecnica della Direzione degli Armamenti Aeronautici del Ministero della Difesa che, nello stabilire che detti impianti dovevano essere sostituiti per la presenza di amianto, inspiegabilmente ne ha consentito l’impiego sino alla ricezione del materiale di nuova concezione!
Ma oltre a una mancanza di informazione nei confronti dei lavoratori, anche il quadro normativo nazionale di riferimento in materia di amianto NON APPARE ASSOLUTAMENTE ADERENTE ALLE DIRETTIVE COMUNITARIE.
Il datore di lavoro, infatti, stando agli articoli 250 (notifica all’organo di vigilanza competente), 251 (misure di prevenzione e protezione), 259 (sorveglianza sanitaria) e 260 (registro di esposizione e cartelle sanitarie e di rischio) del decreto legislativo 81 del 2008 è obbligato ad assolvere i precisi obblighi indicati negli articoli citati solo se emerge un superamento dei “limiti di soglia” che, ad oggi, sono fissati in 0,1 fibre/cm cubo di aria (art. 254 d.lgs. 81/2008). Ma tali disposizioni SONO IN CONTRASTO sia con le indicazioni della direttiva 2009/148/CE, della precedente direttiva 477/83/CEE e della direttiva 77/99/CEE per le quali non è stato ancora individuato un livello massimo di esposizione sotto il quale l’amianto crisotilo non presenta rischi cancerogeni.
Dove andrebbe modificata la normativa nazionale? E quali azioni la Guardia di Finanza dovrebbe intraprendere per tutelare al meglio la salute dei propri militari?
A nostro avviso, a livello normativo sarebbe indispensabile:
1) predisporre ed emanare un testo unico in materia di amianto;
2) portare a zero i limiti di soglia di cui all’art. 254 del d.lgs. 81/2008 per obbligare il datore di lavoro alle osservanze delle incombenze ad esso spettanti al di là di ogni valutazione del rischio.
Il Corpo, invece, potrebbe:
- censire tutto il personale che ha prestato servizio e che continua a prestare servizio in condizioni di rischio accertato o ipotizzato, e dar luogo ad una profilassi per monitorare la salute dei militari esposti;
- attuare una doverosa informazione sul rischio morbigeno per esposizione all’amianto, assicurandosi che sia estesa a tutto il personale, compreso quello comandato di servizio per sopralluoghi o sequestri di aree dove è ipotizzata la presenza di amianto;
- fornire adeguati sistemi di protezione al personale di cui al punto precedente;
- abrogare la circolare n. 12000/100/1^ del 01.02.2006, che non riconosce al personale del Corpo i benefici previdenziali di cui all’art. 3 del decreto interministeriale del 27 ottobre 2004 (attuativo dell’art. 47 del D.L. 30/09/2003 n. 269 convertito in legge 24 novembre 2003, n. 326);
- adeguare le disposizioni interne al parere del Consiglio di Stato (Sezione terza) n. 01693/2010 reso in data 4 maggio 2010, su richiesta dell’Ufficio Legislativo del Ministero della Difesa riguardo l’applicazione dell’art. 1 comma 564, della legge 23/12/2005 n. 266 che stabilisce <<… esaminati gli atti con cui il Ministero della Difesa espone i delicati problemi connessi all’insorgenza delle patologie, anche mortali, contratte in servizio e per causa di servizio da personale militare e civile della difesa a seguito di esposizione all’amianto, e con cui si pone la questione riguardante l’inclusione delle infermità “asbesto-correlate” contratte dal citato personale tra quelle che, ai sensi dell’articolo 1, comma 564, della legge 23 dicembre 2005 n. 266, consentono l’equiparazione dei destinatari alle “vittime del dovere”, precisa che ai fini del riconoscimento della condizione di equiparato alla vittima del dovere, è necessario e sufficiente che il militare abbia contratto l’infermità in occasione o a seguito dello svolgimento della propria attività di servizio a bordo delle unità navali, ovvero, su mezzi o in infrastrutture militari nelle quali era documentabilmente presente amianto.>>
Nella speranza che l’intervento sulla materia avviato dal Comando Generale del Corpo vada oltre la ricognizione di luoghi e strutture e soprattutto oltre la raccolta di informazioni generali su patologie absesto correlate (come richiesto lo scorso novembre dall’ufficio Sanitario di via Sicilia), è forse opportuno evidenziare che da marzo 2012 è operativo il Comitato nazionale “Esposti e vittime amianto dei militari appartenenti alla Guardia di Finanza ONA onlus”, presso l’Osservatorio Nazionale Amianto (ONA) onlus e che eventuali informazioni o consulenze possono essere richieste via mail all’indirizzo di posta elettronica ona.gdf@gmail.com.
GIUSEPPE FORTUNA
Segretario generale Ficiesse